Mortalità legata al caldo in Europa durante l'estate del 2022
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Durante l’estate del 2003 (mesi di giugno, luglio e agosto) oltre 70mila europei morirono per gli effetti della prima grande ondata di caldo (https://en.wikipedia.org/wiki/2003_European_heat_wave). Ci furono evidenti eccessi di mortalità, come sempre concentrati tra gli anziani e i fragili, con un’iniziale sottovalutazione della rischiosità soprattutto a livello ospedaliero, dove i sistemi di climatizzazione non erano stati adeguati in tempo utile. Da quel momento prese il via in Italia il sistema nazionale di sorveglianza della mortalità giornaliera determinata dalle ondate di calore, coordinato dalla Regione Lazio.
Il sistema (inserito con altri elementi documentali e informativi in un portale dedicato del Minsalute) fa parte del Piano Operativo Nazionale per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute, finanziato dal Minsalute e inserito nel network europeo EUROMOMO. La sorveglianza copre 51 aree metropolitane con un numero di residenti superiore a 100mila e consente di monitorare il numero di decessi giornalieri segnalando eventuali eccessi di mortalità con l’attivazione di interventi di mitigazione tempestivi. Il sistema è stato poi esteso a valutare l’impatto di altri eventi meteorologici estremi (come freddo e piogge intense) e la coesistenza di altri fattori di rischio che possono contribuire all’eccesso di mortalità (epidemie influenzali e inquinamento atmosferico).
L’articolo "Heat-related mortality in Europe during the summer of 2022", pubblicato in Nature Medicine analizza le cause di morte di 45,184,044 di persone residenti in 823 regioni europee appartenenti a 35 paesi, relativamente ad una popolazione totale di 543 milioni.
I risultati dell’analisi indicano che tra il 30 maggio e il 4 settembre si sono verificati 61,672 decessi per cause correlate all’ondata termica, che ha portato un eccesso di temperatura sulle medie degli anni precedenti di 2,51 gradi (nel 2003 l’eccesso fu di 2,36 gradi). L’Italia con 18mila decessi (295 decessi per milione di abitanti), la Spagna con 11mila (238 per milione) e la Germania con 8mila guidano la graduatoria delle morti assolute, ma anche la Grecia (280 per milione) e il Portogallo (212 per milione) hanno tassi specifici molto elevati. L’Italia mantiene il primo posto anche relativamente al tasso specifico di mortalità. Interessante notare come ci sia stata una concentrazione di mortalità tra le femmine (56%) soprattutto ultraottantenni (27%) e tra i maschi di età 0-64 anni (41%) e 65-79 (14%).
La vulnerabilità identificata nel 2003 (anziani con problematiche cardiocircolatorie e respiratorie pre-esistenti, donne, individui isolati socialmente e svantaggiati dal punto di vista socio-economico non ha portato a interventi mirati di mitigazione e rimangono sostanzialmente invariati sia i tassi di mortalità specifici, che la distribuzione dell’eccesso di mortalità, con un’evidente concentrazione a livello geospaziale nei Paesi dell’area mediterranea per entrambi i sessi per tutte le classi di età.
Da sola la settimana 29 (18-24 luglio) di caldo più intenso è correlata con circa un quinto del totale dei decessi (11.600). Lo studio della mortalità correlato all’andamento delle temperature a partire dal 2015 ha dimostrato come ogni grado di aumento della temperatura sia correlabile casualmente a 18.500 morti (ovvero 35,3 per milione).
La natura eccezionale degli eventi dimostra chiaramente come l’inesistenza o la superficialità con cui vengono considerati i piani di adattamento e mitigazione dovuti alla scarsa capacità adattativa del sistema sociale e sanitario si sposano con la mancanza di una sensibilità mediatica e dell’opinione pubblica. Le temperature stanno aumentando costantemente e linearmente come pure la mortalità correlata: sorprende che non vi sia un dibattito politico serio e vi sia un’anestesia completa dell’opinione pubblica, forse ancora stordita dall’impatto pandemico. Sta di fatto che viene dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio come dobbiamo attenderci un aumento costante della mortalità clima-correlata concentrata nelle aree mediterranee in femmine ultraottantenni e in maschi di età più giovane nei prossimi anni, a meno di ormai improbabili e sicuramente tardivi provvedimenti pubblici sia a livello nazionale che a livello continentale. L’Italia dovrebbe investire in maniera molto più sostenuta di altri Paesi, data la vulnerabilità della propria popolazione, più anziana della media continentale e con problematiche sanitarie legate alla cronicità, ugualmente più diffusa della media europea. La resilienza del sistema non si misurerà solo rispetto all’impatto pandemico acuto, ma anche rispetto ai postumi della pandemia sommati agli effetti delle variazioni climatiche. Pertanto l’attuale e ancora teorico Sistema Nazionale Prevenzione Salute dai rischi ambientali e climatici - Sistema nazionale di protezione dell’ambiente dovrà essere opportunamente rafforzato a livello nazionale, regionale e locale, superando i suoi limitati obiettivi formativi e sperimentali, per entrare invece in una fase di rapidissima implementazione, migliorando le infrastrutture, le capacità umane e tecnologiche e la ricerca applicata, a protezione dei fragili esposti al rischio relativo di mortalità da temperatura, come predicato nel relativo sito del Governo.